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I famigli addetti a questo magistrato si chiamavano Salta, ma non potevano togliere dal postribolo assegnato, per catturarla, nessuna donna benché per cose gravissime senza espressa licenza del Magistrato che doveva esser data per iscritto e non a voce.
Fino dai tempi della Repubblica nel 1328 furon circondate da mura assai alte merlate a guisa di fortezza alcune catapecchie dove furono obbligate a vivere le baldracche, e la Signoria su quelle mura faceva dipingere a capo all’ingiù con una mitra in testa i traditori della patria.
Quella località fu detta il «Gran Postribolo» o «la casa del Postribolo» rimaneva nell’interno del Ghetto nella località detta volgarmente «le cortaccie». Quivi venivan frustate ignude le donne di buona famiglia che si rendevan degne del gran postribolo. Anzi alcune di queste venivan condotte sul ponte a S. Trinità ed il boia le calava in Arno dando loro tre tuffi nell’acqua per simboleggiare così l’esemplare lavacro della macchia fatta all’onore della famiglia da esse vilipeso colla pessima condotta. Sennonché il rimedio apparisce peggiore del male, poiché si dava la massima e più sfacciata pubblicità ad uno scandalo che per il riguardo appunto dovuto i parenti di tali donne doveva esser con ogni cura occultato.
Giuseppe Conti.