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PARTE PRIMA 55

veano dunque omai gl’Italiani accertar la caduta del vicerè, negandogli il loro appoggio. Gli Austriaci mitigati si deliziavano nel numerare anticipatamente i tanti benefizi di cui Casa d’Austria avrebbeli senza dubbio ricolmati. I Muratisti s’aspettavano di momento in momento l’arrivo della vanguardia del re di Napoli; i sedicenti Italiani-puri argomentavansi d’indovinare qual sarebbe il principe a cui le Potenze Alleate affiderebbero la cura della felicità della Penisola; infine gli Austriaci-puri faceano più retto giudizio delle cose, e si aspettavano il pieno conseguimento dei loro voti. Un solo timore angustiava ancora questi animi, altronde agitati, e turbava la loro letizia: ed era che l’esercito, come correane voce, fossesi dichiarito pel vicerè. Or quest’esercito, italiano di nascita, non meno che d’animo, non era privo d’alcun ascendente sul resto della nazione. Arrogesi che il governo, costituito e perciò stesso dotato d’una certa quale forza, era composto di ufficiali per la maggior parte fedeli e intendenti. La diminuzione d’alcune imposte, lo stanziamento di uno o due provvedimenti desiderati dal popolo, poteano trarsi dietro una subitanea resipiscenza della pubblica opinione, e far risorgere la devozione e l’affetto laddove testè non si udiva altro che il sordo mormorio della malacontentezza e dell’odio. Ad ogni patto era d’uopo impedire che avvenisse un tale cambiamento. Ed ecco il come si governarono, per conseguire il loro intento, i nemici de’ Francesi.

Disciogliere violentemente il governo, far sì che la popolazione milanese trascorresse a tali eccessi da rendere impossibile ogni sua riconciliazione col principe