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PARTE PRIMA 45

aperta la via delle pratiche, ed egli entrovvi senza sostare. Le cose dettegli un tempo dal re di Baviera in nome de’ Sovrani alleati gli ritornarono allora in mente, ed egli si diliberò di trarre profitto dalle favorevoli disposizioni onde credeva che quei principi fossero tuttora mossi a favor suo. Ben s’accorgeva allora che la nuova sua patria dovea essere l’Italia, e che non v’era altrove, fuori di questa contrada, posto per lui. Ond’è che non si fece pregare a conchiudere, il 16 aprile del 1814, col maresciallo Bellegarde, comandante le truppe austriache, un armistizio pel quale egli lasciava in mano degli Alleati le piazze forti poste al di là dell’Adige, e si obbligava a rimandare in Francia le truppe francesi, e ad inviare incontanente a Parigi oratori dell’esercito e del governo a chiedere ai Sovrani alleati la conservazione del reame d’Italia. Promettea Bellegarde, dal canto suo, di rimanersene col suo esercito entro i confini dei dipartimenti italici cui già occupava, e d’aspettare l’esito de’ passi che si doveano tentare a Parigi.

Non appena fu sottoscritto quell’armistizio, che le truppe francesi avviaronsi alla vôlta dell’Alpi, e il vicerè, spediti a Parigi i generali Fontanelli e Bertoletti in qualità di oratori dell’esercito presso le Potenze Alleate, ragguagliò il duca di Lodi, presidente del Consiglio dei ministri del regno d’Italia, delle cose operatesi, ingiugnendogli di convocare il senato per la nomina di quei senatori che si doveano spedire oratori a Parigi. Raunò in pari tempo il vicerè presso di sè le truppe italiane, e con un bando od ordine del giorno loro notificò gli atti e’ provvedimenti ai quali era devenuto, dichiarandosi pronto oramai a dedicarsi tutto per la salvezza della