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26 PARTE PRIMA

a’ consigli d’una fedeltà affatto cavalleresca. Egli non si era mai anzi tenuto per altro che per un luogotenente dell’imperatore, e non aveva governata altrimenti l’Italia, che come una provincia dell’ampio impero francese. Ciò appunto aveagli alienato gli animi della massima parte degl’Italiani; ma per altra parte è debito di giustizia il dire che quel suo affetto alla Francia ed all’imperatore non si dileguò nemmeno di poi che la Francia fu invasa e l’imperatore balzato dal trono. Fintanto che la proposta di separarsi dall’imperatore e di stabilirsi in Italia, a lui giunse dal canto delle potenze alleate per mezzo del re di Baviera, suo suocero, il principe Eugenio sempre la ributtò. L’esempio di Murat preoccupavagli e angosciavagli l’animo. Ma non lo vinse. Però egli pure tenea per nulla l’Italia, e quando venne il giorno in cui diliberossi di farla sostegno a sè medesimo, era già troppo tardi e l’Italia avevala rotta affatto con lui. Avrò più sotto occasione di parlare delle disposizioni personali del principe Eugenio; e qui mi basta indicare i motivi che indussero i partigiani dell’independenza assoluta dell’Italia a volgersi verso Murat, e contro Eugenio. Il generale di divisione Pino e il crocchio militare che gli si stringeva attorno, dandosi l’aria d’un partito, e ch’era composto degli amici, dei congiunti e degli aiutanti di campo del generale stesso, non che il conte Luino, capo della direzione generale di polizia, e il generale Giuseppe Lecchi, si erano indettati col re di Napoli. Vedesi dalla prima qual potente alleato fossesi procurato il partito muratiano, tirando dalla sua il direttore della polizia. Imperocchè la polizia imperiale aveva gran parte nella condotta della