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PARTE SECONDA 191

creare un altro glorioso, ma incerto e pieno di pericoli, trattenneli entrambi. Le leggi della probità non furono da veruno di essi servate; il duca di Modena si rivolse contro i rivoluzionari ch’egli avea inanimiti, a quel modo istesso che avea fatto dieci anni prima il principe piemontese. Ma questi, più felice dell’altro, non ebbe a condannare di propria mano le macchinazioni che aveva approvate, nè a sottoscrivere di proprio pugno le sentenze di morte contro i suoi partigiani. Abbandonando i rivoluzionari, non fece altro che denunziarne i disegni al maresciallo Bubna e al re Carlo Felice. Il duca di Modena, all’incontro, fece mozzare egli stesso il capo al Menotti, suo amico e suo complice.

Potrei descrivere le trame dell’altre congiure ordite dopo il 1831. Ma le stesse ragioni che mi hanno costretto a tacere delle circostanze tuttora ignorate che si riferiscono alle sollevazioni del 1831, mi sforzano di tacere eziandio di queste nuove macchinazioni, che non ebbero effetto alcuno. Io mi sono proposto di mostrare il come e per quali mezzi sia venuto fatto all’Austria di trasformare un popolo irrequieto, energico, operoso, ambizioso, sindacatore, impetuoso, in quell’altro popolo freddo, inerte, indifferente, sgomentato, cupo e disanimato che abita ora l’Alta-Italia. Se io non ho fallito lo scopo, avrò adoperato per modo che il lettore non ne abbia smarrita la vista, e che, tenendo dietro a’ miei passi sulla via da me percorsa, egli abbia, per così dire, sentito l’oppressiva influenza del sistema austriaco calarsi lentamente sul popolo da me descritto, e tarpargli a poco a poco la vita istessa. Per proseguire e condurre a termine l’opera mia non è necessa-