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PARTE SECONDA 189

Null’altro mi rimane a dire intorno ai fatti dell’anno 1821, o nulla almeno di cui io possa accertare l’esattezza e che sia ignoto tuttora al pubblico; perocchè non la finirei più s’io volessi narrare l’infinito numero degli aneddoti che corsero per le bocche degli uomini intorno ai tormenti inflitti ai prigionieri, e alla fredda crudeltà dei giudici. Avrei dovuto per avventura riferirne alcuni per additare tutte le cause dello sgomento ormai generale in Lombardia; ma non volli farlo, perocchè mi parve essere sofficiente, anche per ottenere questo intento, la verità incontrastabile.

La storia delle congiure lombarde non è già chiusa con la congiura del 1821. Quando la Francia bandì nuovamente le massime che avea recate giù dall’Alpi nell’anno 1796, l’Italia credette che un governo democratico, fondato sopra l’osservanza dei dritti d’ogni cittadino, dovesse sforzarsi di avere attorno altri governi fondati sopra analoghi princìpi, e non potesse, senza nota di follía, rassegnarsi a lasciar occupare l’Alta-Italia dall’Austria. Si parlò pertanto assaissimo di propaganda nei primi mesi trascorsi dopo l’avvenimento al trono della dinastia orlienese, ned eravi personaggio, per grande, che disdegnasse di darvi mano. Ben presto però cessarono i membri del governo di parlare di propaganda, e vi surrogarono la parola di non-intervento. La Lombardia avea fondate le sue speranze nella propaganda; quando le fu tolta quella speme, si ristrinse a desiderare che non venisse così presto abbandonato il principio del non-intervento. E invero, se questo principio non potea bastare alla Lombardia, soggetta di presente all’Austria, potea esso tuttavia assicurare la liberazione