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182 PARTE SECONDA

zione austriaca in Lombardia, il fatto cioè di un condannato a morte (era un conte di cui non ricordo il nome), il quale era stato giustiziato un’ora prima che giugnesse l’ordine di grazia. Mostrossi tuttavia lietissima della promessa imperiale, e all’uscir dalla reggia corse dall’amico che avea trattenuto il corriere. Lo zelo di quell’amico non s’intiepidì, chè anzi ei fece ogni sua possa onde ottenere che le lettere di commutazione di pena fossero spedite pria del comando di morte; e la contessa Confalonieri, impaziente d’ogni ritardo al giugnere nella città ove la scure pendea sul collo del marito, si pose in viaggio incontanente con lo suocero alla vôlta di Milano, tremante dalla paura che la tremenda sentenza non venisse eseguita. Dio nol volle. Confalonieri e gli amici suoi viveano, ma destinati a tal vita che allora teneasi quasi peggio che morte.

Evvi legge che comanda l’esposizione pubblica di tutti i condannati a pena del carcere per cinque anni o per tempo più lungo. Io ben ricordo tuttora il giorno destinato all’iniquo spettacolo. I cittadini onesti ed illuminati eransi chiusi in casa, sfuggendo checchè potea loro rammemorare che valentuomini doveano essere in quel giorno trattati a guisa di malfattori, pel loro troppo amore alla propria patria. Il popolo però avea subìto l’influenza della doppiezza austriaca. Aveva udito leggere nei templi l’editto contro i carbonari; e avea sentito ripetere tante volte che i liberali macchinavano contro la vita dei poveri, contro la quiete dello Stato e la pubblica felicità che ne deriva, che avea finito per crederlo. Gl’infelici condannati soffrirono certamente di più al veder lo spettacolo di quel popolo traviato, che