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PARTE SECONDA 175

dei passati suoi portamenti, riguardò con occhio sereno i patimenti che gli erano destinati e cui poteva accettare a titolo di espiazione. Fatto è che niuno de’ suoi compagni di sciagura ebbe a rimproverargli un momento di debolezza; e l’Italia tutta quanta, ponendogli a merito i tanti e sì angosciosi anni di captività, e la nobile rassegnazione con cui egli seppe fare il sagrificio della propria vita e della propria libertà, sdimenticossi gli sgraziati fatti del tempo addietro, e diedegli un posto fra’ suoi figliuoli prediletti. In un tempo di crisi e di rivoluzioni come si è quello in cui viviamo da poco meno d’un secolo, gli uomini politici che non s’ingannino mai sono in poco numero; ma minore ancora è il numero di quelli che si purghino in tal guisa di un fallo con un eroico procedere serbato sì a lungo. Gli altri inquisiti si diportarono bene, e quanto a me, io sono accertato che non uno di loro mancò al proprio debito, e che i più fiacchi non peccarono se non contro sè stessi, vale a dire che si persuasero di non confessare se non a proprio danno. Io recherò qui di nuovo un esempio del modo adoperato dalla giunta per istrappare il segreto di bocca agl’inquisiti. Un notaio di Brescia, per nome Bontempi, avea fatto un istromento di donazione o di cessione dei beni dei fratelli Camillo e Filippo Ugoni a pro del loro zio Francesco Ugoni. Quell’istromento fu impugnato come nullo, perchè destinato a conservare ai fratelli Ugoni le loro sostanze, che secondo le leggi portate contro gli spatriati doveano soggiacere a sequestro. Il notaio fu incarcerato e assalito in mille varii modi per trarlo a confessare la simulazione di quella donazione. Ma sia che real-