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156 PARTE SECONDA

glimento di quelle faccende, come pure delle considerazioni sull’Italia, congiunte a voti per essa, e forse altresì intorno agli ultimi tentativi fattisi in Piemonte, e l’ammaestramento che si dovea trarre da quei fatti. Subito erasi posto il Castillia a rispondervi; e, spesavi una parte della notte, avea poi chiuso diligentemente la lettera e la risposta in un cassettino frammezzo a pannilini, proponendosi di ardere alla mattina per tempo la lettera e di mandar la risposta. Ma fu antivenuto dagli agenti della Polizia. Non aggiornava ancora quando questi agenti gli si presentarono, esortandolo a nulla occultare. Ei consegnò loro le sue chiavi, e se ne rimase tranquillo spettatore della loro disamina sintanto che li vide intenti a frugare nel suo scrittoio e nello scrigno delle sue scritture; ma ben dovette fare forza a sè stesso quando li vide volgersi all’armadio delle biancherie, aprirne i cassettini, porre le mani sui pannilini che coprivano quelle lettere, ed estrarnele. Il solo fatto di avere occultate quelle carte era motivo di sospetto contro il Castillia, e bastava ad autorizzarne la cattura; ond’è che il Bolza lo avvertì che una vettura da nolo aspettavalo alla porta, e gl’intimò di venirgli dietro in carcere. Uno dei fratelli del Castillia1 avendo ottenuto il permesso di accompagnarlo alla prigione, giovossi di quella congiuntura per dargli alcuni consigli, e recossi poscia difilato dal marchese Pallavicini a narrargli la disgrazia accaduta al fratello, e ad esortarlo di sottrarsi con la fuga ad un simile destino.


  1. Non era già quello di cui ho fatto menzione qui sopra, e il quale fu causa prima, benchè innocente, di tante sciagure.