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PARTE SECONDA | 151 |
Non mi tocca riferire gli avvenimenti, altronde ben noti, di cui fu teatro il Piemonte in quel tempo. Mi basta indicare l’aiuto dato dalle truppe austriache al re di Piemonte; e la parte che esse ebbero nel ristabilimento dell’antico ordine di cose. Il re di Piemonte spietatamente si ricattò sopra i suoi sudditi della debolezza de’ suoi mezzi, per cui era astretto ad invocar forze dall’Austria. Questa poi, paga di occupare, benchè momentaneamente il Piemonte, paga del male esito delle macchinazioni dei rivoluzionari, e della cognizione acquistata degli accordi tra i sollevati piemontesi e i malcontenti lombardi, paga, infine, di vedere il re, suo protetto, arrischiarsi sulla sdrucciolevole china dei supplizi capitali e delle confische, astenevasi da ogni provvedimento di tal fatta, ostentando così clemenza e dolcezza. Alcuni mesi di tal guisa trascorsero, dopo i quali il re di Piemonte parve desiderar la partenza delle truppe austriache, e ne fece domanda, che fu incalzata da
dersi abbia alcuno dei due interlocutori narrato a lui o ad altri, che nel potessero ragguagliare, le cose dette in quella congiuntura. Spaziando nel campo delle probabilità, si può supporre che il principe abbia detto abbastanza per porre l’Austria in grado di ripararsi dagli effetti della congiura; ma il sèguito dei fatti che narra l’istesso autore è una pruova patente che l’Austria non ebbe da lui indizio alcuno delle persone che erano implicate nella trama. Era giustizia il fare quest’avvertenza, com’è il dire che l’imaginazione dell’autore, per quanto apparisce, ha anche in altre congiunture supplito alla scarsa notizia avuta dei fatti, e che talvolta pure egli sembra avere esagerate le cose, generalizzato dei fatti particolari, e attribuito a malignità del gabinetto o dell’imperatore quel ch’era effetto della lentezza austriaca, degli ordini viziosi dello spaccio degli affari, o del maltalento o goffaggine degli uffiziali inferiori. (Nota del traduttore.)