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PARTE SECONDA 127

fatto promettere una rilevante mitigazione degli effetti di quella inevitabile severità, perciò in sulle prime il pretesto potea parere plausibile; ma apparve poi chiaramente l’impostura quando, scorsi i tre anni, tornò la sentenza da Vienna. Si vide allora che il giudizio della commissione, tutt’altro era che spaventevolissimo per gl’inquisiti, perocchè non eravi riconosciuta l’esistenza d’una congiura. Or dunque, perchè mai i pretesi autori d’una congiura che non era esistita, erano essi lasciati da tre anni a gemere nel fondo d’una prigione? perchè mai lasciar loro ignorare il proprio destino? E in ciò appunto si ravvisa in tutta la sua bruttura l’austriaca doppiezza. Si sarà già avveduto il lettore che ciò non poteva avere altro fine che quello di prolungare l’orribile incertezza da cui trovavansi angosciati i captivi. Ma perchè mai, con quale pretesto erano essi tenuti in carcere, mentre del fatto di cui erano accusati non constava punto? Si rammenti quella lettera consolante che nel giorno del giudizio era andata in giro per le mani dei giudici, e avea sui pallidi loro volti ricondotto i segni della contentezza e della tenerezza. Quella lettera, scritta dall’istesso maresciallo Bellegarde al presidente della giunta, contenea, siccome ho detto, l’assicurazione delle intenzioni di S. M. di usar clemenza; ma aggiugneva che acciò l’imperiale clemenza potesse brillare in tutto il suo splendore, era d’uopo apparecchiarle un bel campo, una degna occasione. Ond’è che i membri della giunta venivano eccitati a procedere col massimo rigore contro gli accusati, a condannarli ad ogni modo ed alla massima pena applicabile, a fine di lasciare alla sovrana generosità un libero corso.