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PARTE SECONDA 125

pensiero che da questo subbietto del discorso lo conduceva ad un altro, veniva a parlare del processo. “E questo comitato direttore”, diceagli, “perchè mai vi ostinate a negarlo? Il vostro processo sarebbe finito bentosto, se mutaste favella, e così disporreste tutti i giudici in vostro pro. Io vi parlo in nome di vostra madre, datemi fede”, nè cessava dal ragionare in tal modo se non in quanto il generale cessava di rispondergli. Egli è inutile l’avvertire che il generale, uscito di prigione, seppe non senza stupore che il signor Ghisilieri non era mai stato una volta in casa di lui, nè mai avea veduto alcuno dei membri della famiglia Lecchi! Il comitato direttore non fu confessato da veruno, e forse non esisteva nemmeno.

Compiutasi l’istruzione del processo, venne l’ora della sentenza. Riuniti nella grand’aula del palazzo, accerchiati da numerosi soldati, avevano di già gli accusati udito la lettura dell’atto di accusa e le dispute dei loro difensori, quando giunse colà un messo latore di una lettera indirizzata al presidente del tribunale. La prese questi, e lettala, la consegnò al giudice che sedeva a destra di lui, il quale la diede all’altro, e così via via, sicchè fu letta da tutti i membri del tribunale. Tutti, leggendola, davano segno non dubbio di soddisfazione, di rispetto e di commozione, alcuni perfino sorrisero nel guardare i prigionieri, e il presidente, facendo le viste di non potersi tenere, proferì a mezza voce le parole buona notizia. Per quanto significative fossero quelle testimonianze, non poterono rassicurare i prigionieri contro l’effetto probabile delle conclusioni fiscali, lette subito dopo dal regio procuratore, e nelle quali richie-