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PARTE SECONDA | 117 |
guito, avrebbelo visto sguizzare in mezzo agli agenti della polizia, parlare a bassa voce coi principali di loro, ricevere graziosamente le loro congratulazioni, e poi trottare sollecito alla casa del suo congiunto il maresciallo Bellegarde, per annunziargli l’esito felice della sua frode. Volendo finir presto di parlar di costui, licenzierommi a romper l’ordine cronologico per riferire quanto gli accadde molt’anni di poi. Reduce in Francia, passeggiava un giorno il Marchal sotto i portici del Palazzo Reale, quando l’aspetto d’un uomo che camminava pochi passi stante, ridestò in lui repentinamente angosciose memorie. In pochi momenti potè il Marchal convincersi che punto non s’ingannava e che aveva realmente dinanzi agli occhi il falso visconte di Saint-Aignan. Corsegli contro difilato, e tenendolo afferrato con una mano gagliarda, gli sferrò con l’altra quante bastonate potè.
Torniamo ai congiurati. La precipitosa partenza del visconte, e la scomparsa delle rilevanti carte ch’erano sul tavolino non tardarono a destare in loro forti sospetti. Pensarono certamente a salvarsi fuggendo in istraniere contrade; ma non vi si seppero indurre presto abbastanza. A rilento sempre si suole fare una risoluzione penosa, e solo all’ultima estremità si cede ad una convinzione angosciosa. Rasori, Gasparinetti, Lattuada e Marchal pensavano sì sgomentati alla scomparsa del segreto emissario della Francia e dell’Inghilterra, ma non erano però lungi dal credere che si tenesse nascosto in alcun luogo; non doversi, dicevano anche fra loro, fare giudizio d’alcuno con tanta precipitazione; avere il tempo chiariti ben altri misteri. Niun d’essi, altronde,