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PARTE SECONDA | 111 |
stato non si pone a capo di un insorgimento, e ben gli sta, chè, volendo farsi indirizzatore, trarrebbe gli altri a perdizione. Fontanelli pertanto si schermì, e vane furono tutte le instanze del Brunetti.
Ritornatosene questi dai congiurati, e ragguagliatili del rifiuto del Fontanelli, la costernazione si sparse fra loro. Proposero alcuni di sostituire al Fontanelli il generale Teodoro Lecchi, ma questi, mosso per avventura da soverchia modestia, opponeva, non essere il suo nome splendido abbastanza per dare splendore ad una intrapresa di tal fatta; la mitezza ben nota dell’indole sua farlo altronde male acconcio a indirizzare una mossa della fatta di quella che si dovea tentare in Milano, e in cui non si doveva indietreggiare in faccia alla necessità di sbrigarsi ad ogni costo del presidio austriaco; non essere in Milano i reggimenti dei quali potea disporre; doversi lui recare a pigliarli per condurli a quella vôlta quando la mossa fosse stata operata. Le ragioni allegate dal Lecchi per ischermirsi dall’onore di dare il primo e più tremendo colpo agli Austriaci, furono poi anche poste innanzi alla vôlta loro dagli altri congiurati. Non potendo invero tentarsi una mossa militare di tanto rilievo senza un capo ben noto, si riconobbe con dolore doversi per allora deporre il pensiero e le speranze. Separaronsi i generali con gli occhi lagrimosi e il cuore angosciato, non osando nemmeno proporsi di differire la cosa ad altra occasione, che non erano sicuri di saper afferrare.
Progetti sì presto abbandonati, macchinazioni rimaste affatto ineseguite impacciavano il maresciallo Bellegarde. Il pericolo era passato, e per impedirne il ritor-