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PARTE SECONDA 105

bietto colla breve sposizione dei tentativi di affrancamento fatti dai Lombardi nei trent’anni ultimi scorsi, e dei provvedimenti repressivi mercè dei quali tutti quei tentativi furono sventati.

Ho di già raccontato il come l’Austria prendesse possesso della Lombardia; ho riferito il bando col quale i Milanesi furono edotti che il già regno d’Italia non era più altro che una provincia dell’impero d’Austria. Ho detto che nissuno fece protesta in contrario, che i collegi elettorali cessarono le loro assemblee, e che la Reggenza provvisionale, in cui presiedea il maresciallo Bellegarde, continuò a porre la sua firma in calce ai decreti fatti da quel commissario plenipotenziario.

Recavano quei decreti, per la massima parte, un’impronta che allora poteasi non avvertire, ma ebbe in appresso una precisa spiegazione.

Il regno d’Italia possedeva in realtà un governo completo, il cui capo, residente in Parigi, ma imperante in Italia nella qualità di re d’Italia, e non già d’imperatore dei Francesi, deferiva l’esercizio della sua potestà ad un vicerè. Eranvi in Milano, cioè nella capitale di quel reame, un senato, un Corpo legislativo e consultivo, un Consiglio di Stato ordinato a foggia del Consiglio di Stato di Francia, una corte dei conti, un ministro della guerra, un ministro delle finanze, un ministro dell’erario, un ministro delle cose interne, un altro degli affari stranieri, ecc., ecc. Eravi una direzione generale della polizia e una prefettura di polizia; e niuno di questi collegi od uffiziali dipendeva dai collegi od ufficiali di simil fatta stabiliti in Parigi. Il regno d’Italia stava in somma da sè; e se i suoi interessi politici era-