Pagina:Strocchi - Elogi e discorsi accademici.djvu/135


135     

gno di ripentito. L’esempio de’ latini, e quello de’ famosi nostrali furono cagione a stabilire, che al tirocinio della ingenua Gioventù dovesse darsi principio da studio di lingua dotta più prossima alla nativa. Quotidiane querele suonano sopra gli indugi di tempo, che si prodiga nell’imparare ignoti suoni di voci per via di altre non anco note. Sano consiglio non sarebbe introdurre a scuola di latine voci chi non fosse giunto a tale da sapere il senso di quelle, che ne denno essere le interpreti. A ciò basta quel tanto, che se ne può apprendere da facile lettura, e da consuetudine di parenti e di congiunti a tali, che da miglior sorte sono destinati a studio di lettere o di scienze. Certo sarebbe da ringraziare assai a chi rendendo fruttifera la florida primavera dell’ingegno e dell’età sapesse accorciare le pene di quelle dimore. Qual è principio di cognizioni intellettuali, che penoso non sia? Chi fosse mosso da sì buon desio, pensi il periglio di occasione fugace e di prova, che fallita non avrebbe ammenda. A parer mio que’ lamentati indugi non derivano tanto dall’apprendere voci di lingua morta, quanto dall’addestrare la mente a porre in ordinata serie le idee, e dar forma al discorso; lo che meglio si ottiene con esporre regole di grammatica, che frapposta alla greca e alla italiana meno dell’una, e più dell’altra è perfetta. Chi prescrisse ai figli di Pisone di svolgere dì e notte i greci esemplari, prescrive ai moderni figli, massime italiani, di ordinare la educazione letteraria da studio di latinità. Che se le latine lettere furono animate dagli spiriti delle greche, le italiane vivono degli spiriti e de’ modi delle latine. Avvi nazione, che ne’ poli-