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cavano macchine da cucire; ambidue erano svegliati d’ingegno, poveri, viziosi ed invidiosi. Si spiavano vicendevolmente, per aver occasione di mormorare l’uno dell’altro, e rubarsi le pratiche, gli avventori e i segreti del mestiero.
Tutto ad un tratto Beridan cominciò a condur vita ritirata, ad abbandonare le osterie dove usava frequentare assaissimo, a trascurare il solito commercio, e a non farsi vedere in bottega. Non scendeva quasi mai dal piano superiore della casa, e spesso ad ora tardissima della notte si vedeva splender il suo lume dalle fessure delle imposte. Ma egli s’accorse d’essere osservato, e tappò qualche fessura con tutto lo scrupolo; allora solamente qualche colpo di martello dava sentore per due o tre giornate che quella casa era abitata.
Jonathan pativa tutti i supplizi dell’invidia. Cosa faccia mai Beridan? Qual macchina soprannaturale stia egli perfezionando? Egli almanaccò tanto e poi tanto che per non diventar pazzo decise di cavarsi la curiosità ad ogni costo. S’inerpicò una sera sul tetto del vicino, si calò prudentemente per la canna del camino, e, dietro un parafuoco diligentemente traforato, stette ad aspettare la rivelazione del mistero. Egli sapeva che quello era appunto il camino del laboratorio di Beridan.
Aspetta aspetta, costui entrò finalmente. Ma qual meraviglia per Jonathan al vedere che esso non era solo! Gli faceva compagnia un ometto pallido e stecchito, che moveva ad angoli retti le gambe e le braccia e in vece di voce faceva sentire un certo suono gutturale che assomigliava al linguaggio delle oche. L’ometto si piantò dinanzi al meccanico come un soldato che s’appresti ad imparar l’esercizio. «Siedi! gli gridava Jonathan, — e l’ometto sedeva. — Cammina! e l’ometto camminava. — Scrivi! e l’ometto sedeva allo scrittoio e vergava un paio di parole. — Sempre quelle due parole! non altro che quelle due parole! sclamava il meccanico — come ho a fare, come ho a fare perchè nei suoi movimenti non prenda legge dalle molle che ha nelle giunture, ma dal bisogno del lavoro a cui s’accorge?"
«Come puoi fare? pensò Jonathan dietro al parafuoco, — bisogna eseguire congegni, molle, e apparati chimici sì delicati che sentano la differenza e il valore degli ostacoli in cui si abbattono e lavorino a seconda! Ah, tu hai fatto l’automa?... Piccino mio; e te ne accorgerai di qui a tre o quattro mesi! Io avrò fatto l’uomo!»
Riguadagnò il tetto a furia di ginocchia, di colà rientrò in casa