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da nemici, se per isciagura, appoggiate le scale alle mura, gli stringessero. Era assediato Brasida appresso la città di Amfipoli, su certo difficile ed aspro poggetto ove i nemici gli facevano impeto d’ogni intorno. I quali dubitando che egli non fuggisse di notte, raccolti di molti sassi, intorno al poggetto fecero un muro a secco. Il che veggendo i Lacedemoni avevano a male ch'egli non gli menasse a combattere, ma cinti d’intorno da nemici con grandissima lor vergogna si morissero di fame. Brasida gli diceva che non era ancor tempo di combattere. Ma poiché i nemici avevano munita grandissima parte del poggetto, e l’altro spazio non era fortificato, ma lasciato a guisa di un gran campo, comandò che i suoi si dovessero mettere in punto per far la giornata, dicendo, ora egli è tempo d'uscir fuori. I quali, assaltati i nemici con gran furia, ed ammazzatone molti, se ne andarono salvi, perciocché il luogo che era stretto, non poteva impedirli, essendo pochi; ed il muro che gli era d’attorno faceva sì che dalle spalle non ne seguiva pericolo alcuno. Perché la fortezza de’ nemici, siccome non recò utilità alcuna a loro stessi, così fece, che l’uscita fu più sicura a Lacedemoni.

Brasida menato segretamente l’esercito alla città di Amfipoli, conosciuto ch’egli ebbe lo scompiglio de’ cittadini, avvisando nulla aversi a ripromettere dal combattere contro disperati, pubblicò che gli Ateniesi, fatto l’accordo, sicuramente si partirebbero, e goderebbero dello stato loro. Dall’altra parte annunciò la libertà agli Amfipolitani, se però facessero lega co’ Lacedemoni