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teneva; ed accostatosi a lui con la sferza, diceva: Fatti qua, fatti là; e lo batteva. Ed il cavallo, di natura poltrone, si lasciava battere, non facendo cosa alcuna di quello che voleva il patrone; anzi tirava calzi or con uno piede, ora con l’altro, ed ora con ambiduo. Onde vedendo Pisardo la durezza del cavallo, prese un bastone fermo e sodo, e li cominciò pettinare la lana di maniera, che se gli stancò intorno. Ma il cavallo, più ostinato che prima, si lasciava battere, nè punto si moveva. Pisardo, vedendo la dura ostinazione del cavallo, s’accese d’ira; e messa mano alla spada, che a lato aveva, l’uccise. Fiorella, veduto l’atto, si mosse a compassione del cavallo; e disse: Deh, marito, perchè avete voi ucciso il cavallo? Egli era pur bello; egli è stato un gran peccato. Pisardo con turbata faccia rispose: Sappi che tutti quelli che mangiano il mio, e non fanno a mio modo, premio di sì fatta moneta. Fiorella, udita tal risposta, molto si contristò; e tra se medesima diceva: Ahimè misera e dolente, come sono io con costui mal arrivata! Io mi credevo aver per marito un uomo prudente; ed hommi incappata in un uomo bestiale. Guarda come per poco o per niente egli ha ucciso così bel cavallo! e così tra sé molto si ramaricava, non pensando a che fine il marito questo diceva. Per il che Fiorella s’era posta in sì fatto timore e spavento del marito, che, come mover lo sentiva, tremava tutta; e quando egli le ordinava cosa alcuna, subito l’essequiva, nè a pena il marito aveva aperta la bocca, ch’ella lo intendeva: nè mai vi era tra loro parola alcuna che molesta fosse. Silverio, che molto amava Pisardo, sovente lo visitava, e desinava e cenava con esso lui; e vedendo e modi e i portamenti di Fiorella, molto si maravigliava: e tra se stesso diceva: Dio, perchè non mi toccò la sorte di aver