alquanto sopra di sè, temendo forte che non fussero assassini e l’uccidessero; e più volte volse volgere la briglia al cavallo e tornar a dietro. Ma pur fatto buon coraggio e assicuratosi, seguì il suo camino; e avicinatosi a loro, li salutò, e disse: Compagnoni, che contese sono coteste che fate tra voi? Rispose Gordino: Gentil’uomo mio, il nostro contrasto è questo. Siam noi partiti dai propri alloggiamenti, e a caso si siam trovati in strada, e insieme accompagnati; e ne andiam a Roma. Onde caminando e ragionando insieme, io vidi in terra una bellissima gemma legata in oro, la quale per ogni debito di ragione devrebbe esser mia, perchè primo la vidi. — Ed io, disse Fentuzzo, primamente la dimostrai a loro; e per avergliela prima dimostrata, mi pare che più a me appartenga, che a loro. Ma Sennuccio, che non dormiva, disse: Anzi, signor mio, la gemma debbe aspettar a me, e non a loro; perciò che, senza che segno fatto mi fosse, la levai da terra, e me la posi in dito. Onde non volendo l’uno ciedere a l’altro, siamo messi in gran pericolo di morte. Intesa ch’ebbe il signor Gavardo la causa della differenzia loro, disse: Volete, compagnoni, rimettere le vostre differenzie in me, ch’io vedrò di adattarvi insieme? A cui tutta tre a una voce risposero che sì; e si diedero la fede di star a quello, che per lo gentil’uomo sarà determinato. Il gentil’uomo, veduta la lor buona intenzione, disse: Poscia che voi di commun volere v’avete messi nelle mani mie, volendo che delle differenzie vostre io sia solo diffinitore, io da voi, due sol cose richieggio: prima, che mi date la gemma nelle mani; dopo, che ciascuno da per sè s’ingegna di far alcuna opera poltronesca: e quello che in termine di quindici giorni l’averà fatta più disutile e vile, sarà della gemma vero patrone. I compagni s’accontentarono, e dierongli la gem-