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Piacque a tutti il dolce e celeste canto: e massimamente al Bembo, a cui più che ad ogn’altro toccava. Ma per non scoprir quello che nel cuor ascoso teneva, s’astenne da ridere. E volto il viso verso la graziosa Eritrea, disse: Sarebbe oramai tempo che voi con una dilettevole favola deste principio al novellare. Ed ella, senz’aspettar altro comandamento dalla Signora, così allegramente incominciò.


FAVOLA I.


Tre forfanti s’accompagnano insieme per andar a Roma; e per strada trovano una gemma, e tra loro vengono in contenzione, di chi esser debba. Un gentil’uomo prononcia dever esser di colui che farà la più poltronesca prodezza; e la causa rimane indiscussa.


Considerava tra me stessa, valorose donne, la gran varietà di stati, ne’ quai oggidì e miseri mortali si trovano; e giudicai tra le umane creature non trovarsi il più sciagurato nè ’l più tristo, che viver poltronescamente; perciò che e poltroni per la loro dapocagine sono biasmati da tutti e dimostrati a dito, e più tosto vogliono viver in stracci e in tormenti, che dalla loro poltroneria rimuoversi: come avenne a tre gran forfantoni, la natura di quali nel processo del mio ragionare a pieno intenderete.

Dicovi adunque che nel territorio di Siena — non sono ancora passati duoi anni — si trovarono tre compagnoni giovani di età, ma vecchi ed eccellenti in ogni sorte di poltroneria, che dir o imaginar si potesse. Di quai l’uno, per esser più dedito alla gola che gli altri,