sentire. Rispose Andolfo: Ermacora, a me non aspetta far le parti, perciò che io sono il fratello minore: ma appartiene a te, come fratello maggiore. Finalmente Andolfo, bramoso di dividere e d’adempire la sua sfrenata voglia, nè vedendo altro rimedio di venir al fine, divise e beni, e al fratel maggiore diede la elezione. Ermacora, che era uomo aveduto, ingenioso e d’animo benigno, quantunque vedesse le parti esser giustissime, finse però quelle non esser uguali, ma in diverse cose manchevoli; e disse: Andolfo, la divisione che tu hai fatta, ti par per tuo giudizio che stia bene, e niuno si abbia a dolere; ma a me pare che uguale non sia. Onde ti prego che meglio la sostanzia dividi, acciò che l’uno e l’altro resti contento. Vedendo Andolfo il fratello della divisione non contentarsi, rimosse alcune cose da una parte, e le mise all’altra; e addimandolli se in tal maniera erano le parti uguali, e se di tal divisione si contentava. Ermacora, che era tutto amore e carità, sempre gli opponeva: e fingeva di non contentarsi, quantunque il tutto fosse con sincerità ottimamente diviso. Parve molto strano ad Andolfo che ’l fratello non si contentasse di quello che fatto aveva; e con faccia tutta di sdegno pregna, prese la carta nella qual era annotata la divisione, e quella con molto furore squarciò; e voltatosi contra il fratello, disse: Va, e secondo che ti piace, dividi; perciò che io sono disposto al tutto vedere il fine, avenga che fosse con mio non poco danno. Ermacora, che chiaramente vedeva l’acceso animo del fratello, con umil voce graziosamente disse: Andolfo, fratello mio, non ti sdegnare, e non permettere che ’l sdegno superi la ragione; raffrena l’ira, tempera la colera, e conosci te stesso; poscia come prudente e savio considera se le parti sono pari: e non essendo pari, fa ch’elle siano; perciò