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pendo dove si fusse, già stanca per lo lungo nuotare, si smarrì; e vedendosi fuori d’ogni soccorso umano, s’abbandonò del tutto, e, come rotta nave, fu ingiottita dal mare. I fratelli, che vedevano non esser più rimedio al suo scampo, lasciata l’infelice sorella nel mezzo delle marine onde, ritornarono a casa. Il fratello minore, fatto il chiaro giorno, rese le debite grazie al calogero per le accoglienze fatte, e da lui si partì. Già si spargeva la trista fama per tutto il castello che Malgherita Spolatina non si trovava. Di che e fratelli fingevano averne grandissimo dolore; ma dentro del cuore sommamente godevano. Non varcò il terzo giorno, che il corpo morto della infelicissima donna fu dal mare alla riva del calogero gettato. Il quale vedutolo e conosciutolo, poco mancò che non si privasse di vita. Ma presolo per un braccio, niuno però avedendosi, lo trasse fuori dell’onde, e portollo dentro in casa; e gettatosi sopra il morto viso, per lungo spazio lo pianse, e di abbondantissime lagrime il bianco petto coperse, assai volte in vano chiamandola. Ma poscia che ei ebbe pianto, pensò di darle degna sepoltura, ed aiutare con orazioni, con digiuni e con altri beni l’anima sua. E presa la vanga, con cui alle volte vangava il suo orticello, fece una fossa nella chiesetta sua, e con molte lagrime le chiuse gli occhi e la bocca: e fattale una ghirlanda di rose e viole, gliela pose in capo; indi datale la benedizione e basciatala, dentro la fossa la mise e con la terra la coperse. E in tal guisa fu conservato l’onor di fratelli e della donna, nè mai si seppe quello di lei ci fosse.

Più volte la compassionevole favola aveva alle donne porte le lagrime, nè cessavano col moccichino, che a lato tenevano, asciugarsi gli occhi. Ma la Signora, che ancora non si poteva astener dal piagnere,