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Ortodosio e i fratelli, veduti ch’ebbero gli evidentissimi segni e udite le parole che Isabella fedelmente raccontava, insieme l’un con l’altro s’abbracciarono e basciarono, e con amore maggiore che prima la loro parentella stabilirono. Dopo passati alcuni giorni, Ortodosio in Fiandra ritornò, dove onorevolmente maritò Argentina; e caricate le sue merci sopra una grossa nave, ritornò a Firenze, dove con Isabella e col fanciullo in lieta e tranquilla pace lungo tempo visse.
Finita la compassionevole novella da Vicenza recitata e da tutti sommamente commendata, la Signora, da’ cui begli occhi per dolcezza le lagrime cadevano, comandòle che ’l suo enimma proponesse; ed ella, senza far alcuna scusa, prontamente così disse.
Grosso e tondo son’io, vago e polito,
E fra due bianche cosse in un bel fesso,
Quand’ho maggior vigor e son più ardito,
Ed ho il ventre più pien, son dentro messo.
Onde mi trovo al fine indebilito,
Però che qua e là son moto spesso.
Occhi ho e non veggio, e sto festoso e baldo;
E quanto più raffredda, ed io più scaldo.
Piacque molto alla brigata l’arguto enimma da Vicenza proposto; nè vi fu veruno, quantunque dotto fosse, che non rimanesse perplesso. Laonde Vicenza, vedendo la compagnia mutola divenuta, e il suo enimma irresoluto rimanere, levossi in piedi; e addimandata prima licenza, così l’espose: Altro, signori, l’enimma mio non dimostra, eccetto il scaldaletto, il quale, avendo il ventre pieno di bragie, è posto tra le bianchissime lincinola. Egli ha gli occhi, ciò è e busi; e adoperasi quando è maggior freddo. Fiordiana, a cui