Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/48


— 36 —

circondato de mura e fosse, di modo che non vi potevano entrare uomini nè animali, ed era ornato di diversi arbori d’ogni sorte; e tra gli altri vi era un gran figaro con suoi rami sparsi d’intorno, carico di frutti bellissimi e ottimi, di quali soleva participare ogni anno con gentil uomini e primai della città. Erano quei fighi di color misto tra bianco e pavonazzo, e gettavano lagrime come di mele; ed eranvi sempre guardiani, che gli custodivano diligentemente. Una notte, che per caso non vi erano li guardiani, un giovane ascese sopra quest’arbore; e scegliendo i fichi maturi, quelli con silenzio così vestiti nella voragine del ventre suo fedelmente nascondeva. Pre Zefiro, ricordandosi che non erano guardiani al suo giardino, vi andò volando; e subito che fu entrato dentro, vidde costui che sedeva su l’arbore, mangiando e fighi a suo bell’agio. Onde il sacerdote incominciò pregarlo che descendesse; e non descendendo, egli si gettò in genocchioni, scongiurando per lo cielo, per la terra, per i pianeti, per le stelle, per gli elementi e per tutte le sacre parole che si trovano scritte, che venisse giuso; e il giovane tanto più attendeva a mangiare. Pre Zefiro, vedendo che non faceva profitto alcuno con tai parole, raccolse dell’erbe, ch’erano lì d’intorno, e in virtù di quelle lo scongiurava che descendesse; ed egli più alto ascendeva, meglio accomodandosi. Allora il prete disse queste parole: Gli è scritto che nelle parole, nell’erbe e nelle pietre sono le virtù; per le due prime ti ho scongiurato, e non ti hai curato di discendere; ora in virtù di quelle ti scongiuro che debbi venir giuso. E così cominciò a trarli delle pietre con mal animo e gran furore; e ora l’aggiungeva nel braccio, ora nelle gambe e ora