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FAVOLA IIII.


TRA TRE venerande suori d’uno monasterio nacque differenza qual di loro dovesse essere badessa; e dal vicario del vescovo vien determinato quella dover esser, che fara più degna prova.


Quantunque, graziose donne, la modestia sia laudevole appresso a tutti, niente di meno molto più laudevole la giudico, quando ella si trova in un uomo che conosca se stesso. E però con sopportazione di queste mie madonne, racconterò una favola non men arguta che bella; la quale, ancor che alquanto ridicolosa sia e disonesta, sarà però da me narrata con quelle convenevoli ed oneste parole che si richieggono. E se per aventura in parte alcuna il mio ragionare offendesse le caste orecchie vostre, chieggole perdono, pregandole che ad altro tempo contra me riserbino il castigo.

Trovasi nella nobile città di Firenze uno monastero assai famoso di santità e di religione, il cui titolo ora con silenzio trappasso per non guastare con sì fatta macchia il suo glorioso nome. Avenne che la badessa di quel luogo s’infermò; e giunta al termine della vita sua, rese il spirito al suo creatore. Morta adunque e solennemente sepolta la badessa, le suore feceno sonare a capitolo; e tutte quelle che avevano voce, si raunorono in quello. Il vicario di monsignor lo vescovo, che era uomo prudente e savio e che desiderava la elezzione della nuova badessa giuridicamente prociedere, fece motto alle suore che sedessero;