Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/38


— 26 —

delicata cena con preciosi vini e potenti, aspettò il figliuolo che a casa tornasse. Venuto il figliuolo e veduto l’insolito apparato, maravigliossi molto; e voltatosi verso la madre, disse: Madre, e dove procede la causa di così nobil cena? Arreste mai voi mutato pensiero? A cui rispose la madre: Certo no, figliuol mio; anzi son io più costante che prima. Ma considerando che tutto ’l giorno fino alla buia notte te ne stai a bottega a lavorare, e vedendo questa maledizzion di rogna averti sì attenuato che appena la ti lascia vivo, molto m’atttristava. Onde mossa a compassione di te, volsi prepararti alcuna delicata vivanda, acciò che tu potesti sovenire alla natura, e più gagliardamente resistere al tormento della rogna che tu sopporti. Panfilio, che era giovanetto e semplice, non s’avedeva dell’astuzia materna, e che ’l serpe era tra bei fiori nascoso; ma postosi a mensa appresso il fuoco con la madre, cominciò saporitamente mangiare e allegramente bere. Ma l’astuta e maledetta madre ora moveva le legna e soffiava nel fuoco acciò che maggiormente ardesse: ora gli apporgeva il dilicato sapore di specie condito, acciò che dal cibo e dal calor del fuoco acceso, maggiormente si grattasse la rogna. Stando adunque Panfilio appresso il fuoco e avendo a saturità empiuto il ventre, vennegli una sì fatta rabbia di pizza, che si sentiva morire; ma pur volgendosi e rivolgendosi or qua or là, quanto più mai poteva, sofferiva il tormento. Il cibo salato e con spezie condito, il vino greco e il calor del fuoco gli avevano già sì fieramente accese le carni, che ’l miserello non puote più durare; ma squarciatisi e panni dinanzi il petto, e slacciatesi le calze, e levatesi le maniche della camiscia sopra le braccia, si puose sì fortemente a grattarsi, che d’ogni parte a