tandosi tuttavia la rogna, alla madre disse: Madre, altre volte io vi essortai che doveste reffrenare cotesta mala e disonesta vita, la qual parturisse e a voi vergogna ria, e a me, che vi sono figliuolo, danno non picciolo; ma voi, come donna impudica, avete chiuse le orecchie, volendo piuttosto contentare gli appetiti vostri, che attender a gli consigli miei. Deh! madre mia! lasciate ormai questa ignominiosa vita, cessate da sì grave scorno, conservate l’onor vostro nè vogliate esser causa della morte mia. Non vi avedete che la morte vi è sempre da canto? Non udite quello che di voi si ragiona? E così dicendo di continuo si grattava la rogna. Polissena, udendo Panfilio suo figliuolo sì grandemente dolersi, immaginossi farli una burla, acciò che più non si ramaricasse di lei; e la burla le successe sì come ella bramava ed era il desiderio suo. E voltatasi con allegro viso verso il figliuolo, disse: Panfilio, tu ti duoli e contristi di me, che io tengo mala vita; io il confesso, e tu fai quello che dee far un buon figliuolo. Ma se tu sei così desideroso dell’onor mio, come tu dici, tu mi contentarai d’una sola cosa, ed io all’incontro ti prometto di mettermi nelle tue mani, e lasciare ogni amatore, e tenere buona e santa vita; ma non contentandomi, tieni per certo che tu non arrai il desiderio tuo, ed io mi darò a peggior vita che prima. Il figliuolo, che desiderava più che ogni altra cosa l’onor materno, disse: Comandate, madre, che se ben voleste che io mi gettasse nel fuoco ed ivi m’abbrusciasse, io per amor vostro il farei volentieri, mentre che voi non incorriate più nel vizio, in cui fin’ora siete incorsa. — Guarda, disse la madre, e considera bene sopra quello che io ti dirò, che se tu intieramente l’osserverai, arrai l’intento tuo; se no, la cosa sarà con maggior tuo scorno