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adirata. Ma ella, che era piacevole e faceta, con allegra faccia disse: Signora, a torto vi adirate meco; perciò che l’enimma mio porta seco ridicoloso effetto, e non disonesto. Quando all’infermo volete porre il serviziale, no ’l fate stare a boccone, ciò è col corpo in giù? dopò prendete in mano la cosa, ciò è il serviziale, e rappresentate al forame? E perchè l’infermo contra sua voglia lo riceve, non gli dite che non si torga? e con la decuzione non gli empiete la panza? Adunque il mio enimma non è così disonesto, sì come voi il facevate. La Signora, udita ed intesa l’ottima interpretazione del ridicoloso enimma, s’acquetò; e concesse che ciascaduna dicesse quello le paresse, senza aspettare riprensione alcuna. Cataruzza, a cui il terzo luogo del favoleggiare toccava, vedendo la Signora acquetata, e aver dato ampio campo di ragionare, alla sua favola animosamente diede principio, così dicendo.


FAVOLA III.


Polissena vedova ama diversi amanti; Panfilio suo figliuolo la riprende: ella li promette di rimoversi, s’egli cessa grattarsi la rogna; egli le promette, la madre l’inganna: e finalmente ogn’uno ritorna all’opra sua.


La donna, assuefatta ad alcuna cosa, o buona o rea che si sia, non si può da quella agevolmente astenere; perciò che in quell’abito, ch’ella è lungamente vivuta, persevera fino al termine della vita sua. Per il che intendo ora raccontarvi un caso ad una vedovella avenuto; la quale, abituata nella puzzolente lussuria, non puote mai per modo alcuno da quella rimoversi, anzi con uno sottil inganno fatto al proprio