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prospere, ma nelle adverse provar si debbono, e ogni estremo è vizioso. Ma poscia che tutti tacquero, la Signora ordinò che Vicenza coll’enimma seguisse, ed ella baldanzosamente così disse.

Vorrei saper da voi, signor mio accorto,
     Qual cosa è questa mia, nato bisnato;
Et positus in ligno, dopò morto,
     Senza comar nè prete batteggiato;
Ha vita breve, o spesso more a torto,
     Nè forse mai commesse alcun peccato;
Piccioli, grandi, vecchi et junioribus,
     Sono buoni pro nobis peccatoribus.

Malagevole fu giudicato il raccontato enimma: ma la discreta Vicenza in tal maniera lo espose: Il bisnato è il vuovo, di cui senza comare nasce il pollo, il quale non vive lungamente, e spesso more senza mai aver peccato, cioè senza aver mai calcata la gallina; e piccioli o grandi che siano, sono buoni per noi. Maravigliosa fu la bella isposizione del difficillimo enimma, nè fu veruno nella grata compagnia, che sommamente non lo comendasse. E perchè la rosseggiante aurora incominciava apparere, e già era terminato il carnessale, e sopragiunto il primo dì di quadragesima, la Signora, voltatasi all’onorevol compagnia, con piacevol viso così disse: Sappiate, magnifici signori e amorevoli donne, che noi siamo al primo dì di quaresima ed oramai da per tutto si odeno le campane che n’invitano alle sante prediche e a fare la penitenza de’ nostri comessi errori. Laonde mi par cosa onesta e giusta che in questi santi giorni poniamo da canto i dilettevoli ragionamenti e gli amorosi balli e soavi suoni, gli angelici canti e le ridicolose favole, ed attendiamo alla