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fuggieno come contagiosa peste. Laonde essendo giunto il miserello all’amaro e crudel passo di povertà, ed essendo nudo e infermo e vessato dal flusso in tal maniera, che n’andava il sangue, menava pazientemente la misera e infelice sua vita, ringraziando sempre Dio che dato gli avea conoscimento. Avenne che andando un giorno il meschinello pieno di rogna, tutto sozzo, ad un certo luogo roinato, non già per solazzare, ma per diporvi giù il natural peso del ventre, e guardando finalmente in un pariete per antichità guasto, vidde per una gran fissura risplendere oro. E rotto quel pariete, trovò un gran vaso di terra pieno di ducati d’oro, e portatolo a casa nascosamente, cominciò a rispendere, non profusamente, come prima, ma secondo il suo bisogno, e moderatamente. Gli amici e cari compagni, che continovamente il corteggiavano nel tempo che ’l viveva felicissimamente, avedutisi che si era fatto ricco, pensarono di ritrovarlo prodigo come prima; e andatisene a lui, il cominciorono carezzare e corteggiare, pensando tuttavia di viver alle altrui spese. Ma la cosa non gli venne come essi voleano ed era il desiderio loro. Perciò che non solamente non lo trovarono pazzo e largo nel spendere, scioccamente donando il suo e facendo banchetti: ma conobbero apertamente lui esser divenuto savio e avaro. E addimandato da gli amici e compagni, come era diventato sì ricco, li rispondeva che si volevano ancor essi diventar ricchi, bisognava prima che vuotassino il sangue dal ventre suo, come aveva fatto egli, dinotandogli che prima aveva sparso ’l sangue, che trovato avesse li danari. All’ora gli sopradetti compagni e amici, vedendo che non vi era allegrezza di cavar altro construtto da lui, si partirono.
La favola molto piacque ad ognuno; perciò che apertamente dimostrava che gli amici non nelle cose