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Castorio. — Come di morte? rispose Sandro. I vitelli, i poledri e gli altri animali, a’ quai trassi i testicoli, non sono per questo già morti. Castorio, che era più che ogni altro uomo desideroso di venir grasso, si lasciò consigliare. Sandro, vedendo il voler di Castorio fermo e saldo, ordinò che sopra la fresca erba subito si stendesse ed aprisse le gambe. Il che fatto, tolse un coltellino, che come rasoio tagliava, e presa la cassa di testicoli in mano e con oglio commune ben mollificata, destramente diede un taglio; e messe due dita nel luoco inciso, con tanta arte e con tanta destrezza gli cavò ambi i testicoli, che quasi non sentì dolore. E fattogli certo empiastro mollificativo con oglio e sugo d’erbe, il fece levar in piedi. Castorio, già fatto cappone anzi eunuco, mise mano alla borsa, e cinquanta fiorini li donò; e tolta licenza da lui, a casa fece ritorno. Non era ancor passata un’ora, che Castorio, fatto eunuco, incominciò sentire il maggior dolore e la maggior passione che mai uomo sentisse; nè poteva trovar riposo, perciò che di dì in dì aumentava il dolore, e la piaga s’immarciva, e rendeva un fetore, che chi s’approssimava a lui, sofferire non lo poteva. Il che venuto all’orecchi di Sandro, fortemente temette, e si pentì aver tal errore commesso, dubitando di morte. Castorio, vedendosi giunto a mal partito, oltre il dolore che avea, salì in tanto sdegno e furore, che voleva al tutto Sandro per uomo morto. E meglio che ei puote, accompagnato da duoi suoi servi, il trovò che cenava; e gli disse: Sandro, tu hai fatta una gentil opera a farmi morire: ma innanzi ch’io moia, faretti sentire la pena del commesso fallo. — La causa, disse Sandro, fu vostra, e non mia; perciò che e preghi vostri m’indussero a farlo. Ma acciò che non paia manchevole nell’opera mia, nè ingrato del beneficio ricevuto, nè sia causa della vostra