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cui ne prendete piacer non poco. Il mio adunque enimma, dinota il liuto, il cui manico è lungo più d’un palmo, il cui ventre siede in grembo di colui che suona, e dà diletto a gli ascoltanti. Tutti a pieno laudarono il sottil enimma dal Trivigiano raccontato e primieramente la Signora, che l’udiva volentieri. Ma poscia che tacquero, la Signora ordinò ad Isabella che colla favola seguitasse; la qual non sorda nè muta in cotal guisa disse.
FAVOLA XII
Bennati anzi divini si suoleno giudicar coloro che con effetti si guardano dalle cose contrarie e col giudicio naturale si accostano a quelle che di beneficio e giovamento li sono: ma rari per l’addietro s’hanno trovati e oggidì pochi si trovano, che una regola nel loro vivere vogliono osservare. Ma altramente avenne ad uno Re, il quale, per conservar la sanità prese dal medico tre documenti e quelli osservando si resse.
Penso, anzi mi rendo certo, graziose donne, che mai non abbiate inteso il caso di Guglielmo re di Bertagna, il quale a’ tempi suoi, nè in prodezza, nè in cortesia non ebbe il pare, e mentre ch’egli visse, sempre li fu la fortuna favorevole e propizia. Avenne che il re gravemente s’infermò: ma essendo assai giovane e di gran coraggio, nulla o poco estimava quel male. Or continovando l’infermità, e di giorno in giorno fa-