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Dimmi, compagno mio, s’io non t’offendo,
     Quel ch’io ti posi fra le gambe al scuro,
Che n’hai tu fatto? di saperlo intendo,
     Chè non vedendol mi par troppo duro.
— Tu sei turbato, per quant’io comprendo.
     Non dubitar, fratel, ma sta sicuro;
Che quel che su la coscia or sale or scende,
     Mi picca a basso; e giù dal cul mi pende.

Si guardava l’un con l’altro, nè sapea che dire. Ma Cataruzza, che s’avedeva niuno intendere il suo proposto enimma, disse: Signori, non state sospesi: perciò che io vi lo dichiarirò, ancor che sofficiente non mi ritrovi. Era un giovane che ad uno amico prestato aveva un suo cavallo per andar in villa; l’amico lo vendè. E tornando di villa, fu veduto dal giovane, il qual gli addimandò del suo cavallo; e non vedendolo, molto si turbò. L’amico il conforta, dicendogli che non dubiti, perciò che egli ha i danari del venduto cavallo nella tasca, ch’a basso picca, e drieto il culo pende. Poscia che la sottil Cataruzza dichiarò il suo enimma, la Signora volse gli occhi verso il Trivigiano, e con onesto modo fecegli cenno che l’ordine seguitasse. Il quale, deposta ogni durezza, in tal guisa a dire incominciò.


FAVOLA XI


Un povero fratuncello si parte da Cologna per andare a Ferrara, e sopraggiunto dalla notte se nasconde in una casa, dove gli sopravenne un timoroso caso.


La paura, amorevoli donne, alle volte nasce da troppo ardir e alle volte dall’animo pusillanime, il quale doverrbbe temere solamente quelle cose, ch’hanno potenza di far ad altrui male, non quelle che non sono da temere.