non si contenevano nell’instrumento del servir suo, e tratto fuori della scarsella l’istrumento, cominciò minutissimamente a leggere i loro capitoli e vedere se quel caso si conteneva. Diceva il padrone: Deh, aiutami, fratel mio! — e il servo rispondeva: Non posso farlo, perchè è contra la forma dell’instrumento. Diceva Pandolfo: Se non mi aiuti, e se non mi cavi di questo pericolo non ti pagherò. Replicava il servo non volerlo fare, accio chè non incorresse nella pena posta nell’instrumento; e se per aventura il patrone non fusse stato aiutato dai viandanti che per quella via passavano, senza dubbio egli mai non arebbe potuto liberarsi. Per il che fatta una nuova convenzione, fecero un altro accordo, nel quale prometteva il servo sotto certa pena di aiutar sempre il patrone in tutte le cose che li comandasse, nè mai partirsi, nè mai separarsi da lui. Avenne che un giorno passeggiando Pandolfo con certi gentil’uomini venetiani nella chiesa del Santo, il servo, ubidiente al patrone, passeggiava con esso lui, andando sempre presso le spalle di quello, nè mai lo lasciava. I gentiluomini e gli altri circostanti per la novità della cosa ridevano d’ogni banda e ne prendevano piacere. Onde il patrone, ritornato a casa, riprese grandemente il servo, dicendogli che male e scioccamente aveva fatto a passeggiare in chiesa con lui andandogli così appresso senza rispetto e riverenza alcuna del padrone e de’ gentil’uomini ch’erano con esso e lui. Il servo stringeva le spalle, dicendo aver ubedito a gli suoi comandamenti, e allegava i patti della legge, che eran nel loro instrumento. Laonde fecero nuovo patto, pel quale comandò il patrone al servo che andasse più lontano da lui. All’ora lo seguitava cento piedi lontano. E quantunque il patrone l’addimandasse, e facesse atto che venisse a lui, nondimeno il servo