vesse gran quantità di danari, andarono una notte, all’ora che parve atta al loro proposito, per rubbarlo. E non potendo con suoi ferri e altri ordegni aprir la porta, nè romperla, e dubitando che per lo strepito non concitassero i vicini in sua mala ventura, s’imaginarono d’ingannarlo per un’altra via. Era tra questi ladri uno che era molto familiare e domestico di questo Vilio, e dimostrava di esserli suo grande amico; e alle volte l’aveva menato a desinare seco. Posero questi tristi un suo compagno, ch’era capo e guida loro, in un sacco come morto, e portaronlo a casa di questo Vilio artegiano: pregandolo grandemente questo simolato amico suo, che lo tenesse in salvo, fin che ritornassero a tuorlo, che non molto dimorarebbono. Vilio, non sapendo più oltre, per la preghiere del simulato amico, lasciò porre questo corpo in casa in salvo. Avevano e’ ladri dato ordine tra loro, che quando Vilio fusse addormentato, dovesse uscir del sacco e ucciderlo, e tuorli i danari con l’altre cose migliori, che s’attrovasse. Essendo adunque il sacco col corpo posto in casa, ed essendo Vilio appresso il lume attento al lavorare, risguardando per aventura, — come è costume di quelli che sono timidi e paurosi, — il sacco dove nascoso era il ladro, gli parve che quel corpo si movesse nel sacco. Onde, levatosi da sedere, subito prese un bastone di mirto, pieno di nodi, e lo menò sul capo del ladro, e percosselo di sì fatta maniera, che lo amazzò, e di simolato e finto il fece un vero morto. I compagni del ladro, avendolo aspettato fin appresso il giorno, vedendo ch’el non veniva, diedero la colpa al sonno; e dubitando, non del compagno, ma del giorno che s’approssimava, ritornarono alla casetta dell’artegiano, e gli addimandarono il suo deposito. Il qual dato loro, poi ch’ebbe molto ben serrato l’uscio e bene puntelato,