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pazzo, quante sono le quaglie che prendi all’anno, e quanto vagliono? Rispose il cacciatore: Io ne prendo più di dugento, e vagliono per lo meno ducati duo. Alzando all’ora la voce il pazzo, — ma certamente non pazzo in questa cosa, anzi dimostrava egli esser savio — : Fuggi, gridava, fuggi, pazzo che sei; chè tu spendi cinquanta ducati all’anno per guadagnarne duo, oltre che non hai detto il tempo che vi consumi. Fuggi, per Dio, fuggi; che se ’l maestro ti trova quivi, mi dubito che ti porrà in una laguna, dove senza dubbio sommerso e quasi morto rimarrai. Imperocchè io, che sono pazzo, giudico che sei più stolto di quelli che son stoltissimi.
Molto fu commendata la favola del signor ambasciatore; la qual non fu favola, ma la istessa verità, perciò che il cacciatore sopravanza di pazzia tutti e pazzi: quello, dico, che non avendo onde vivere, perde il tempo e li danari andando alla caccia. E acciò che il signor ambasciatore non fusse inferiore agli altri, in questa guisa il suo bel enimma propose.
Udito avete mai simil novella,
Un animal trovarsi in Oriente,
Molto inonesto, e ama la donzella,
E nel suo grembo posa dolcemente?
Non è leone, e pur Leon s’appella,
E in le sue braccia di morir consente.
Egli è cornuto, e già d’amor sì pieno,
Che piangendo disfanta ogni veleno.
L’onesto e leggiadro enimma del signor ambasciatore fu di non minor piacere, che fusse la favola da lui raccontata, perciò che porgeva alle damigelle un non so che di dolcezza; e quantunque tutte l’intendessino, non però volsero dimostrarlo, ma prudentissi-