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di camera, e che niuna sia di tanto ardire, che s’approssimi alla camera, se prima non sarà chiamata. Partita la moglie con le fantesche, messer Artilao chiuse la camera, e con un carbone fece un cerchio in terra; e fatti alcuni segni e certi caratteri a modo suo, entrò nel cerchio, e disse a Properzia: Comare mia, state cheta nel letto, nè vi movete, nè abbiate spavento di cosa che sentir potreste, perciò che non mi leverò di qua, che troverò le gioie vostre. — Non dubitate punto di me, disse la comare; che io non mi moverò, nè farò cosa alcuna senza comandamento vostro. Voltatosi allora messer Artilao verso la parte destra, fece alcuni segni in terra: indi alla sinistra ne fece alcuni in aria; e fingendo di parlar con molti, formava varie e strane voci di maniera che madonna Properzia si smarriva alquanto: ma messer lo compare, che di questo se n’avedeva, le dava animo, confortandola che non si smarrisse. Essendo il compare stato nel cerchio per spazio di mezzo quarto di ora, mandò fuori una voce che barbottava, e in tal guisa diceva.
Quel ch’or non trovi e che cercando vai,
Giace nel fondo della val pelosa;
Ch’ivi la tien, chi l’ha perduta, ascosa.
Ma pesca ben, che tu la troverai.
Queste parole diedero a madonna Properzia non minor allegrezza che maraviglia. Finito che fu l’incanto, disse il compare: Comare, voi avete udito il tutto: e le gioie che smarrite esser credete, sono in voi. State allegra e di buon animo, che troveremo il tutto. Ma fa bisogno ch’io le cerchi dove inteso avete. La comare, che desiderava riaver le sue gioie, allegramente rispose: Compare mio, intesi bene il tutto; non tardiate, ma con ogni diligenza cercate. Messer Artilao, uscito