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festevoli ragionamenti, determinai di raccontarvi una novella che intervenne ad un geloso; il quale quantunque savio fusse, fu nondimeno dalla moglie ingannato, e in breve tempo di pazzo, savie divenne.
In Ravenna, antiquissima città della Romagna, copiosa di uomini famosi, e massimamente in medicina, trovavasi nei passati tempi, un uomo di assai nobil famiglia, ricco ed eccellentissimo, il cui nome era Florio. Costui, essendo giovane e ben voluto da tutti, parte perchè era grazioso, parte ancora perchè era peritissimo nell’arte sua, prese per moglie una leggiadra e bellissima giovane, Doratea per nome chiamata. E per la bellezza di lei fu da tanto timore e paura assalito che altri non contaminassero il letto suo matrimoniale, che non apparea buco nè fissura alcuna in tutta la casa, che fosse molto bene con calcina otturata e chiusa, e furono poste a tutte le finestre gelosie di ferro. Appresso questo, non permetteva che alcuno, per stretto parente che gli fusse, o congiuntoli per affinità o per amicizia, entrasse nella casa sua. Il miserello sforzavasi con ogni studio e vigilanzia di rimovere tutte le cause che macchiar potessero la purità della sua moglie, e farla declinare della fede verso di lui. E avenga che, secondo le leggi civili e municipali quelli che sono carcerati per debiti, per la securità e cauzione data a’ lor creditori debbiano liberarsi, e più forte ancor, che i malefattori e delinquenti impregionati a certo spazio di tempo si disciogliono, non però a lei in perpetua sua pena era possibile uscir mai fuori di casa e da tal servitù disciolgersi; perciò che ei teneva fedeli guardiani per custodia della casa e pe’ suoi servigi, nè meno era guardiano egli degli altri, se non che aveva libero arbitrio di uscirne a suo piacere. Non però egli si