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e come marito e moglie abitorono insieme un anno. Poi appropinquandosi il tempo del partorire, il frate, tolto occultamente il buono e il migliore, di casa fuggì, lasciando la donna gravida, come è sopradetto; e vestitosi del suo primo abito, ritornò nel monasterio. La donna partoritte un figliuolo, ed aspettò lungamente il suo marito. Soleva questa donna alle volte andar al detto monasterio per udir messa. Avenne un giorno per aventura, anzi per volontà del sommo Iddio, che la trovè il frate suo marito che diceva messa; e conobbelo. Onde quanto più presto a lei fu possibile, andò a trovare il guardiano di esso monasterio, e narrògli diligentisssimamente il caso, come è disopra seguito. Il guardiano, trovata la cosa, e conosciuta la verità, formò contra di lui processo e sigillato mandollo al generale della congregazione: il quale fece prendere il frate, e dirgli una penitenzia, che si ricordò per tutto il tempo della vita sua: indi con e denari del monasterio occultamente maritò la donna, dandola ad un’altro in matrimonio: e tolto il bambino fecelo notrire.

Qui pose fine la graziosa Vicenza alla sua favola, la quale tutti generalmente lodorono, e ne presero piacere, quando la donna con i guanti in mano trovò i getti, ai quali erano attaccati gli sonagli. E perchè l’ora giamai era tarda, la Signora impose a Vicenza, che ’l suo enimma dicesse; la quale, non aspettando altro comandamento, così disse:

D’ogniun prendo se non la forma mia;
     Guardate ben qual è lo stato mio.
Se mi si fa dinanzi alcun che stia
     Lieto o doglioso, io sto com’ha il disio.