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L’uno con l’altro merito si rende,
     Cosa ch’oggi più al mondo non si trova;
Perchè la vita con morte contende,
     Altri si duole, e non m’è cosa nuova.
Tal di servir altrui, fastidio prende,
     Che non conosce, e ’n sulla fin gli giova.
Stava la vita sopra un ramo, e piano
     Acerba morte tolsegli di mano.

Fu grandissima contenzione circa l’intelligenzia del dotto enigma; non però fu alcuno ch’aggiungesse al segno. Ma la prudente Lionora in tal guisa l’espose: — Era a piede d’un chiaro fonte un fronzuto arbore, sopra del quale era un nido di vaghi augelletti, la cui madre con diligenza li guardava. Sopraggiunse un giovane, e con la sua spada uccise un serpe ch’ascendeva l’arbore per ucciderli. E volendo il giovane attinger l’acqua per bere, la madre delli conservati uccelli turbavali l’acqua, mandandogli il sterco del suo nido dentro. E quello più volte fece. Di che il giovane molto si maravegliò; e presa dell’acqua del fonte, la diede ad un cagnolino che seco aveva: il quale, subito che ebbe bevuto, se ne morì. Onde il giovane per l’uccello conobbe aver guadagnata la vita. Non poco fu commendata la bella isposizione del dopo enigma; e massimamente da Diana, la quale, senza esser stimolata d’altrui, alla sua favola diede principio, così dicendo.