e tu prendi il caval mio e le vestimenta mie, e vattene alla buon’ora; ma fa ch’alla tornata tua e le vestimenta e il cavallo mi rendi, dandomi la metà di quello che guadagnato arrai. E così di far Bertuccio rispose. Salito adunque sopra il buon cavallo, ed onorevolmente vestito, a Novara se n’andò. Ed entrato nella città, vide Crisippo che era sopra un verone che guardava in piazza. Il Re, veduto che ebbe il giovane tutto leggiadro e bene a cavallo, tra se stesso disse: Oh Dio volesse che Tarquinia mia figliuola volontieri prendesse costui per marito! perciò che sarebbe di mio gran contento. E partitosi del verone, andò in sala, dove erano congregati assai signori per veder la giovane. Bertuccio scese giù del cavallo, e andossene in palazzo: ed ivi tra la povera e minuta gente si mise. Vedendo Crisippo infiniti signori e cavallieri in sala ridotti, fece venire la figliuola; e dissele: Tarquinia, quivi, come tu vedi, sono venuti molti signori per averti in moglie; tu guata e considera bene qual più di loro ti piace, chè quello fia tuo marito. Tarquinia, passiggiando per la sala, vidde Bertuccio che con bel modo teneva la destra mano in capo, e subito lo conobbe; e voltatasi verso il padre, disse: Sacra corona, quando fosse in piacer vostro, altri per marito non vorrei, che costui. E il Re, che quello bramava: E così ti sia concesso, rispose. E non si partì di lì, che furono fatte le nozze grandi e pompose, con grandissimo piacere de l’una e l’altra parte. Venuto il tempo di condurre la nova sposa a casa, montò a cavallo; ed aggiunto al luogo dove fu dal cavallier veduto, fu da quello da capo assalito, dicendo: Prendi, fratel mio, la cavalla e le vestimenta, e restituissemi le mie e la metà di quello che hai guadagnato. Bertuccio graziosamente il cavallo e le vestimenta li restituì; oltre