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Partitosi Rosolino da Pavia, andò all’eremo, ed ivi visse santamente, e fece tanta penitenza de’ suoi peccati, che per grazia di Dio meritò di esser salvo; e di lui fino al dì d’oggi si fa memoria ad esempio di buoni e dannazione di tristi.
Era già venuta al fine la favola di Cateruzza, quando la Signora ordinò che con l’enimma l’ordine seguisse. Ed ella con soave voce così disse:
In un ampio, fiorito e verde prato
Si pasce un vago e gentil arenino,
Copresi di un bel manto, e molto ornato,
Di color giallo, verde e celestino.
Porta corona, ed ha ’l capo elevato;
Da veder molto è vago e pellegrino.
La coda leva, e mira, e ’l suo amor sfida.
Ma i piè si guarda, e da vergogna grida.
L’enimma da Cateruzza raccontato fu dalla maggior parte inteso, che era il pavone dedicato alla dea Giunone. Il quale con le sue occhiute penne, di vari colori dipinte, si mira d’ogni intorno, e s’insuperbisse: ma poscia che vede i lordi e sporchi piedi, abbassa la pomposa coda, e vergognoso rimane. Finito l’enimma, tutti si levorono in piedi, e tolsero licenza dalla Signora, promettendole nella sera sequente ritornare, secondo il consueto ordine.
il fine della notte decima.