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fusse stato crollato alla tortura, per gli indicii grandi ch’erano contra lui, non però mai volse confessare, anzi con grandissima costanza villaneggiava il pretore e la sua corte, dicendo ch’erano tristi, giotti, ladri, scelerati, e che meriterebbeno per la mala vita che tengono, e per l’ingiustizia che fanno, mille forche: affermando sè esser uomo da bene, di buona vita, nè esser alcuno che con verità dolersi possa di lui. Aveva il pretore, com’è detto di sopra, più fiate contra Rosolino severamente proceduto, nè aveva lasciato specie di tormento, che non avesse provato: ma egli, saldo come ben fondata torre, sprezzava ogni tormento. Il pretore che apertamente conosceva lui esser delinquente, e non poterlo sentenziare a morte, assai si doleva. Onde, la notte, considerando il pretore la tristizia di Rosolino e la costanza grande, e non potergli dar più tormento per aver già purgato ogni indizio, s’imaginò di essere con la sua corte, e proporre una cosa che intenderete. Venuto il giorno, il pretore chiamò i suoi giudici, e disse: Eccellenti dottori, grande è la costanza di questo reo e maggiore la tristezza sua, e più tosto morrebbe tra’ tormenti, che confessare cosa alcuna. Onde mi parrebbe, così però parendo e a voi, di fare un tentativo per ultimo refugio; il qual è questo: Mandare i sergenti a prendere Bargetto figliuolo di Rosolino, ed in presenza sua metterlo al tormento, perciò che, veduto il padre tormentare l’innocente figliuolo, agevolmente confesserà l’error suo. Questo Consilio molto piacque alla corte; e subito ordinò il pretore che Bargetto fusse preso, legato e a sua presenza menato. Preso Bargetto e menato dinanzi al pretore, il giudice del maleficio tolse il suo constituto; e Bargetto innocentissimo rispondeva di non sapere cosa alcuna di quello era interrogato. Il che ve-