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cati pentirsi. Ma perchè l’ore della notte fuggivano, Eritrea, senza aspettare altro comandamento, l’ordine col suo enigma seguì, così dicendo.
Bianca e tonda son’io, non molto dura;
Grossa, che la man m’empie, è cosa vera.
A le femine c’han grand’apertura,
Me le ficco nel corpo tutta intiera.
Minor a’ maschi fo di me misura,
E dentro a lor mi vò più assai leggiera.
E chi mi prende mi stringe pian piano,
Temendo d’inlordarsi al fin la mano.
Il vostro enimma, signora Eritrea, altro non significa che dar l’anima al diavolo; ma vardate che non si metta il diavolo nell’inferno, perchè s’abbruscierà, disse il Bembo. — Io non ho paura, rispose Eritrea, perciò che il mio enimma non è di quella maniera che pensate. — Ma dichiaratelo, disse il Bembo, acciò non restiamo perplessi, — Volentieri, rispose Eritrea. Io per lo mio enimma dimostro la candela, che è bianca e tonda, e non molto dura, e nella lanterna, che ha nome di femina, se glie ficca tutta nel corpo; e chi la prende in mano, pian pian la stringe, perchè teme d’imbrattarsi la mano da seo. E perchè i galli denunziavano la notte esser di gran lunga mezza passata, la Signora umanamente impose a Cateruzza che con la bella favola ed enimma la decima notte terminasse; ed ella, più desiderosa di dire che di tacere, alla sua favola in tal guisa diede cominciamento.