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Di gran sostanzia e ingenioso fu l’enimma d’Alteria recitato; nè alcun si puote dar vanto d’intenderlo, eccetto colei che recitato l’avea. La quale, vedendo tutti stupefatti rimanere, disse: Il mio enimma, signori, altro non denota, se non la notte; la quale ha nome di donna, e ha un fratello, che è il giorno: e morto il giorno, nasce la notte, e morta la notte, rinasce il giorno, nè mai si può col giorno accompagnare; e vola come uccello, nè si lascia toccare, e spesso cena con esso noi. Piacque ad ogni uno la bella interpretazione del sottil enimma, e quella dottissima tutti riputaro; ed acciò che la notte non trapassasse e venisse il giorno, la Signora ordinò ad Eritrea che con una sua favola seguisse; la qual così a dire allegramente incominciò.
FAVOLA IV.
Egli è commun proverbio, comendato da tutti, che chi malamente vive, malamente muore. Però gli è meglio vivere cristianamente, che senza freno alcuno di conscienza abbandonar le redine e adempire ogni sua sfrenata voglia; sì come avenne ad un nobile cittadino, il quale, venendo a morte, diede l’anima sua al gran nemico, e disperato, così permettendo la divina giustizia, fece la mala morte.
In Como, picciola città della Lombardia, non molto discosta da Melano, abitava un cittadino nomato An-