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vi dica il nome suo; ma quando fosse in piacere di vostra maestà, io il menerei qua dinanzi della presenzia vostra, ed ella vederebbe un giovane di corpo bello, leggiadro, riguardevole, e ad amare tutto inchinato: i cui reali e onesti costumi avanzano ogni altro che io conoscesse mai. Il Re, già invaghito del giovane, comandò che subito fusse condotto. L’eremita, partito dal Re, ritornò al suo tugurietto, e narrò a Cesarino il tutto. Il quale, presa la lingua e postala in una bisciaccia, con gli animali e con l’eremita al Re se ne andò; e appresentatosi, e postosi in ginocchioni, disse: Sacra maestà, la fatica e il sudor fu mio, ma l’onor d’altrui. Io con questi miei animali, per la liberazione della figliuola vostra, uccisi la fiera. Disse il Re: E che fede me ne darai tu d’averla uccisa? conciosiacosache costui mi ha appresentato il teschio, che ivi sospeso vedi. Rispose Cesarino: Non voglio il detto della figliuola vostra, che sarebbe in questo testimonio bastevole; ma un sol segno vi voglio dare, che denegare non si potrà che io non sia stato l’uccisore. Fate guardare, disse Cesarino, nel teschio, che il troverete senza lingua. Il Re fecesi recar il teschio, e ritrovollo senza lingua. Allora Cesarino, messa la mano alla bisciaccia, cavò fuori la lingua del dracone, che era di estrema grandezza, nè mai per lo addietro fu la maggior veduta; e apertamente dimostrò lui esser stato l’uccisore della crudel fiera. Il Re, per lo detto della figliuola e per la dimostrata lingua, e per gli altri indizij avuti, fece prendere il contadino, e in quell’instante li fece troncare il capo dal busto; e con trionfo e festa furono con Cesarino celebrate le nozze, e consumarono il matrimonio. La madre e le sorelle di Cesarino, sentita la nova che egli era stato l’uccisor della fiera e liberator della puncella, e già averla in guidardone