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domestici con le persone, che niuno offendeano. Essendo gli animali di natura feroci, e per accidente domestici cresciuti, e avendo già prese le lor vive forze, Cesarino con essi loro sovente se n’andava alla caccia, e sempre carico di silvestri fiere lietamente a casa ritornava, e con quelle la madre e se stesso nodriva. Vedendo la madre la preda grande che ’l figliuolo faceva, molto si maravigliò, e addimandollo, come ogni giorno prendesse tante fiere. Egli rispose: Con gli animali che avete veduti; ma ben vi prego che questo ad alcuno non rivelate, acciò non rimanga di quelli privo. Non passarono molti giorni, che la madre si trovò con una sua vicina, alla quale molto amore portava, sì perchè ella era donna da bene, sì anco perchè era serviciale e amorevole; e ragionando insieme di più cose, disse la vicina: Comare, come fa il figliuolo vostro a prender tante fiere? E la vecchiarella le manifestò il tutto; e tolta licenza, ritornò a casa. Appena che partita s’era la buona vecchia dalla comare, che giunse il marito a casa; e fattasevi in contra con lieto viso, gli raccontò il tutto. Il marito, udendo questo, incontenenti andò a trovare Cesarino, e dissegli: Figliuoccio mio, a questo modo vai tu alla caccia, nè mai chiamaresti un compagno teco? Questo non conviene all’amorevolezza ch’è tra noi. Cesarino sorrise, nè volse darli risposta; ma senza prender congiato dalla vecchia madre e dalle dilette sorelle, con gli tre animali si partì, e alla buona ventura se n’andò. E dopo lungo camino aggiunse ad uno solitario e inabitato luogo della Sicilia, dove era un eremitorio: e andatosene ivi, entrò, e non vedendo alcuno, con gli suoi animali si mise a posare. Non stette molto, che l’eremita tornò a casa; ed entrato dentro, vidde quelli animali, e smarrito, volse fuggire. Ma Cesarino, che