Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/181


— 169 —

disse: Che fai, compagno mio? Ma l’asino, che se n’andava a più potere, non rispondeva. Il leone, temendo che l’asino non morisse, discese giù nel fosso, e prestògli aiuto. L’asino, uscito fuori d’ogni periglio, prese maggior ardire; e voltatosi contra il leone, gli disse tanta villania, quanta si potesse mai dire a persona alcuna. Il leone, attonito di tal cosa, molto si maravigliò, e addimandollo per qual cagione sì fieramente il villanniggiava, avendolo sì amorevolmente campato da morte. L’asino, dimostrando che fusse acceso di sdegno, superbamente rispose: Ahi, scelerato e tristo, tu m’addimandi perchè ti villaneggio? Sappi che tu m’hai privo del più soave piacere che mai io avesse a’ giorni miei. Tu pensavi ch’io ne morisse, e io me ne stava in gioia e diletto. A cui il leone: E che piacere era il tuo? — Io, rispose l’asino, mi era posto sopra quelle legna, e parte pendeva da un lato e parte da l’altro; e voleva in ogni modo sapere qual mi pesava più, il capo o la coda. Disse il leone: Ti prometto sopra la fede mia di non molestarti più in conto alcuno, e fin’ora veggo e chiaramente conosco che del monte sarai patrone. Indi partiti, aggiunsero ad un fiume largo e impetuoso; e disse il leone: Voglio, Brancaleone mio, che l’uno e l’altro di noi dimostri il valor suo nel varcar il fiume. — Io ne son contento, disse Brancaleone; ma voglio che tu sii il primo a valicare. Il leone, che sapeva ben nuotare, con molta destrezza varcò il fiume; e postosi sopra la sponda del fiume, disse: Compagno, che fai? varca ancor tu. L’asino, veggendo di non poter mancare della promessa, si gettò nell’acqua, e tanto nuotò, che venne a mezzo del fiume; e costretto dal ravogliamento dell’acqua, ora andava col capo in giù e ora co’ piedi, e ora si fattamente si sommergeva, che di lui nulla o