sente di me. Disse il leone: Brancaleone, il nome e ’l parlar tuo chiaramente mi dimostra che tu sei più possente e più gagliardo di me; ma voglio che noi facciamo alcuna isperienza. All’ora crebbe maggior ardire all’asino; e volte le natiche contra del leone, disse: Vedi tu questo basto e la ballestra ch’io tengo sotto la coda? s’io te la facessi provare, tu morresti di spasmo. E così dicendo, trasse una coppia di calzi nell’aria e mollò alquante rocchette, che fecero il leone stordire. Sentendo il leone il gran rimbombo di calzi e ’l crepitante tuono che fuor della ballestra usciva, grandemente si spaventò. E perchè omai s’approssimava la sera, disse il leone: Fratello mio, io non voglio che facciamo parole tra noi, nè che s’uccidiamo: perciò che non è la peggiore cosa che ’l morire: ma voglio che andiamo a riposarci, e venuto il sequente giorno, noi saremo insieme, e tra noi faremo tre famose prodezze; e qual di noi in farle sarà superiore, quello fia del monte signore. E così rimasero d’accordo. Venuta la mattina, e trovatisi insieme, il leone, che desiderava di veder alcuna prodezza, disse: Brancaleone, io sono acceso del tuo amore, nè rimarrò contento sin a tanto ch’io non vegga alcuna mirabil prova di te. E caminando insieme, aggiunsero ad un fosso molto largo e profondo. Disse il leone: Ora è il tempo che noi vediamo qual di noi salterà meglio questo fosso. Il leone, ch’era gagliardo, non sì tosto s’appresentò al fosso, che fu da l’altra parte. L’asino, appresentandosi alla sponda del fosso, animosamente saltò; ma nel saltare cadde in mezzo del fosso, e sopra alcune legna traversate attaccato rimase. Stava l’asino sospeso tra quelle legna, e parte su l’uno de’ lati, e parte su l’altro pendeva; ed era in grandissimo pericolo di fiaccarsi il collo. Il che vedendo, il leone